Il presente sito utilizza dei cookie di tracciamento al fine di valutare la provenienza ed il comportamento dell'utente.
Per saperne di più leggi la Privacy Policy e la Cookie Policy.
Clicca su ACCETO per consentire l'utilizzo dei Cookies oppure clicca su DECLINO per proseguire in forma anonima

Logo Alumni Bicocca La Community degli Alumni dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca SITO UNIMIB 

Inserisci le credenziali di accesso

Hai dimenticato la password?

News & Eventi


Eventi

News

Gli Alumni si raccontano

SERENELLA SALA

Parlando di LCA con Serenella Sala

17 Dicembre 2021

A seguito del webinar di  BicoccAlumni e BASE (Bicocca Ambiente Sostenibilità Economia), la struttura che propone, pianifica e realizza il piano sostenibile dell’Ateneo sul tema: LCA LIFE CYCLE ASSESSMENT: DI COSA SI TRATTA E PERCHÉ È IMPORTANTE abbiamo intervistato Serenella Sala, Deputy Head of Unit and Scientific Project Manager, Land Resources Unit, EuropeanCommission, Joint Research Centre. 

 

Ci racconti del suo percorso formativo e di carriera che l'ha portata fino alla sua attuale posizione lavorativa. 

Dopo il liceo classico, ho attraversato un momento di grande riflessione su cosa fare da grande.

Mi sono sempre ritenuta una persona particolarmente eclettica quindi stavo cercando un’università che potesse rispondere alla mia curiosità su tanti aspetti diversi e mi sono imbattuta nel programma di Scienze Ambientali.

Ho scelto di studiare Scienze Ambientali in Bicocca, programma che quando ho iniziato esisteva da pochi anni e mi ha subito entusiasmato. Proponeva un percorso che guardava alle scienze in modo molto organico, aveva un focus su varie discipline: fisica, chimica, geologia, biologia. Offriva però anche corsi di economia e legge, collegando le tematiche ambientali con la realtà sociale.

Quindi nasco come scienziata ambientale ed in seguito inizio un dottorato in Scienze Ambientali in Bicocca in ecotossicologia. Avevo scoperto una passione per le tematiche ecologiche grazie al professor Vighi, che fu il mio relatore di tesi e il mio relatore di dottorato, e che è stato di grande ispirazione.

Quando ho cominciato il dottorato ho anche avuto modo di muovermi in altri ambiti rispetto a quello della mia tesi di dottorato. All’epoca si stava sviluppando l’attenzione sul tema dello sviluppo sostenibile, erano attive delle iniziative a livello locale e insieme al professor Pitea abbiamo dato vita ad un master sulle tematiche dello sviluppo sostenibile, il master Gesal, che si è tenuto a Bicocca per tre edizioni.

Questo master mi ha aperto la mente sulle valutazioni integrate di sostenibilità, abbracciando aspetti ambientali, economici e sociali. Quindi finito il dottorato sono rimasta in Bicocca come ricercatrice cercando di trasformare le tematiche del master in attività di ricerca e di implementazione concrete, coinvolgendo imprese ed enti locali in progetti di ricerca integrati.

Ad un certo punto l’esperienza universitaria si è conclusa, e ho avuto l’occasione di concorrere per una borsa di ricerca bandita dal Joint Research Centre della Commissione Europea. Mi sono imbattuta nella borsa casualmente, e quando penso al mio percorso lavorativo non ci sono passaggi che ho deciso a tavolino, sono sempre state occasioni arrivate un po’ per caso.

La borsa di ricerca metteva insieme le competenze ecotossicologiche che avevo sviluppato nel corso del dottorato con quelle che avevo sviluppato tramite le iniziative di valutazione della sostenibilità. Dopo la borsa di ricerca ho vinto il concorso per personale scientifico della Commissione Europea. E adesso sono quasi 12 anni che lavoro alla Commissione su temi che amo molto, della sostenibilità e della valutazione integrata di aspetti ambientali nelle catene di valore di prodotti e organizzazioni.

Il mio lavoro di ricerca è principalmente a supporto delle policy; quindi, c’è un’attenzione anche alle implicazioni sociali e socioeconomiche degli ambiti che studio.

Il mio lavoro quotidiano consiste nell’essere il traduttore dei risultati della ricerca scientifica in supporto alle politiche europee.

 

In cosa consiste il Life Cycle Assessment, lo applicate in un ambito nello specifico?

Il gruppo in cui sono entrata come borsista e che invece oggi, dopo anni, dirigo sviluppa metodi di Life Cycle Assessment che possono essere applicati a qualsiasi ambito di produzione e consumo. Applicare una valutazione integrata a qualsiasi ambito, quindi sviluppare uno studio LCA di una batteria di un veicolo elettrico, o di un prodotto agricolo, richiede di tradurre i modelli e i metodi per la valutazione dell’impatto ambientale in approcci adeguati alla valutazione delle supply chains di questi prodotti tenendo presente una serie di specificità. E’ molto diverso valutare l’impatto ambientale di un pesticida o degli impatti dovuti all’ estrazioni di materie prime.

Quindi c’è molta ricerca scientifica dedicata alla definizione di metodi di valutazione il più possibile robusti e confrontabili tra loro. Il vincolo delle applicazioni di questi metodi è di provare a produrre risultati confrontabili, quindi la metodologia deve essere il più possibile trasparente, robusta e riproducibile.  In sintesi il lavoro che svolge la Commissione Europea è applicare a più prodotti e realtà una valutazione integrata cercando di mettere sotto stress il sistema di valutazione e migliorarlo.

 

Qualche parola sugli obiettivi di sostenibilità oggi in Europa

e in particolare sull’importanza dell’LCA.

Sono felice perchè in questi anni in cui ho lavorato nella Commissione Europea ho visto evolvere l’attenzione verso l’analisi del ciclo di vita. Quindi oggi siamo in una fase in cui la Commissione sta prestando grande attenzione alle tematiche ambientali e di sostenibilità.

LCA è citato nelle policy europee, ed adesso con il Green Deal c’è stata una grande spinta per utilizzare questi metodi in ambiti molto differenti. Ad esempio, LCA è citato all’interno della Farm to Fork. Inoltre, lo si sta utilizzando per legislazioni riguardanti le batterie che metteranno a punto dei requisiti specifici sul loro profilo ambientale.

Quindi c’è tanto lavoro e spinta politica per l’utilizzo di questi metodi, e che ci aspettiamo avra’ importanti influenze nel mercato.

C’è molto lavoro di ricerca anche rivolto all’interno della Commissione, LCA è considerato come uno dei metodi all’interno dell’iniziativa Better Regulations, che permette alla Commissione nel tempo di far delle policy sempre più adatte agli obiettivi posti. LCA è citato nel Better Regulations Toolbox come uno dei tool per la valutazione delle policies e dei loro trade-offs. Quindi anche internamente la Commissione vuole supportare l’utilizzo di LCA come metodologia, questo perché LCA permette di valutare le probelmatiche in modo integrato. Per esempio una policy tenta di migliorare in un ambito e si ritrova ad avere impatti inattesi in un altro. Catturare questi trade-off e mitigarli e’ un obiettivo importante

 

 

Come vengono trattate le tematiche della sostenibilità nelle università italiane? C’è lo spazio e la volontà per inserire corsi di sostenibilità in altre facoltà?

Quando io mi sono occupata di sostenibilità all’interno del master che ho supportato, mi sono stupita di essere una studentessa di scienze ambientali e di essere stata poco esposta ai temi della sostenibilità. Ho studiato molte diverse discipline scientifiche: chimica organica, biologia, geologia, ecologia etc ma nei corsi i temi integrati della sostenibilita’ non erano citati, cosi come le sfide di più ampio respiro che le materie trattate dovevano cercare di supportare.

L’iniziativa del gruppo di ricerca con il quale ho collaborato in Bicocca, il Gruppo di Ricerca sullo Sviluppo Sostenibile, era di promuovere un ragionamento transdisciplinare, coinvolgendo stakeholders e soggetti della società civile.

E’ stato uno sforzo che purtroppo non ho visto tradursi in corsi che parlassero della sostenibilità, che io speravo potessero  essere messi in ogni facolta’. Sono stata invitata a seminari o ho tenuto un corso sulla sostenibilità del turismo a sociologia, però non c’è stata un’attenzione alla materia in modo trasversale. Questa mancanza mi dispiace e credo sia uno degli elementi sui quali l’università italiana dovrebbe riflettere e lavorare. Uno dei pilastri della sostenibilità è quello legato all’educazione universitaria. Io credo che non abbiamo bisogno soltanto [1]di tanti scienziati ambientali che ne sappiano di sostenibilità, ma abbiamo bisogno di ingegneri, economisti, biotecnologi che siano consapevoli che quello che stanno facendo ha un impatto ambientale.

Sarebbe positivo avere corsi che sensibilizzano al tema ambientale distribuiti in diverse facoltà. Un progetto di cui vado fiera è un libro che ho scritto insieme a docenti della Bicocca di diversi dipartimenti che aveva l’obiettivo di tradurre che cosa la sostenibilità significa per le loro discipline. Ha addirittura contribuito un criminologo parlando dei crimini ambientali.

 

Nella sua vita quotidiana come riduce il suo impatto ambientale?

Sicuramente ci sono una serie di azioni quotidiane che cerco di mettere in pratica; le mie scelte di cibo, il modo in cui gestisco le riparazioni di un elettrodomestico, considerare la durabilità dei prodotti, scegliere prodotti locali e stagionali. Anche se le azioni che si possono mettere in atto comprendono sicuramente più dimensioni, ma spesso sono gesti molto semplici che, se moltiplicati, hanno un impatto. Questo discorso si traduce anche sul mio lavoro. Sono coinvolta in un progetto che valuta l’impatto ambientale dei consumatori europei. Abbiamo sviluppato il tool chiamato il Consumer Footprint che permette all’individuo di inserire le sue scelte di consumo e di avere una sua profilazione sul suo impatto ambientale. Questo progetto permette a me e al mio team di avvicinarci al cittadino e alle sue scelte quotidiane.

 

 

Rivedi il webinar

 

 

 

[1] https://eplca.jrc.ec.europa.eu/ConsumerFootprint.html